NieR:Automata – Quando l’orrore esistenziale diviene videogioco

Pubblicato il 16 Aprile 2018 alle ore 10:00
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di Eren Ecatombe
@Eren Ecatombe

“Vi è qualcosa d’infantile nella presunzione che qualcun altro abbia la responsabilità di dare significato alla nostra vita. In opposizione, da un punto di vista emancipato, la nostra esistenza è significativa, piena e straordinaria tanto quanto noi scegliamo di renderla.” – Richard Dawkins

Sublime melanconia.
L’estrema mistificazione della psiche e il suo impietoso decadimento, il dissesto dell’illusione, la rivolta emotiva che sbroglia i filamenti della chimera dell’ego e ne rivela l’agghiacciante terrore esistenziale e la caotica natura del conflitto Marxiano.
Cos’è l’esistenza? Perché esistere?
Si potrebbe confabulare di quanto questo prodotto ludico possa assumere una forma non dissimile a quella di un torrente emozionale, divenendo un’esperienza capace di evocare e rievocare sensazioni, destare parti del nostro spirito talvolta sopite; eppure vi sono correnti che scorrono al di sotto del fiume sentimentale che quest’opera incarna.
A più di un anno dalla sua release ufficiale, NieR:Automata continua ad essere un manifesto dell’orrore esistenziale, un’allegoria dell’umanità e, al tempo stesso, un titolo che pone i riflettori sulla reale profondità e vigore di cui può vantare ciò che definiamo medium videoludico.

Automata

Si ha la tendenza a non prestare particolare attenzione ad alcuni degli aspetti che compongono l’esistenza, vivendo in una realtà conforme a quelle che costituiscono le nostre esigenze, le comuni aspettative e desideri di qualsivoglia individuo racchiuso all’interno del complesso sociale. La mera presenza di tale illusione fa sì che la collettività si riversi nel trovare il proprio scopo mediante la persecuzione di un dato obiettivo, un fine prefissato avente il compito di fornire la parvenza di un reale appagamento personale, un compito fittizio che soddisfi la brama umana del sentirsi appagati da se stessi.
Tuttavia, cosa accade quando l’individuo scopre la fallacità dei propri obiettivi?
Spogliando l’uomo della tipica veste di vanagloriosa inutilità, cosa rimane a costituire il costrutto di pensieri noto come essere umano?
Questi sono solo alcuni dei numerosi quesiti che Automata pone al giocatore durante il corso della propria narrativa: una sequela di eventi che spalancano le porte ad una profonda introspezione, ponendoci innanzi ad una cruda dissezione della natura umana, una raffigurazione decadente della società e del cosa realmente significhi essere umani.

Le meccaniche di gioco di quest’opera ludica altro non sono che sfaccettature del medesimo mosaico, differenti punti di vista che vanno a comporre un unico corpo.
Il passare da una sezione di gioco in puro stile hack and slash ad una sequenza shoot ‘em up, pur rappresentando unicamente la peculiare quanto eccezionale originalità del gameplay, paradossalmente sottolinea con fare metaforico la volontà di fornire nuove chiavi di lettura e d’interpretazione.
Il conflitto e la futilità delle proprie azioni impregnano la scrittura di gioco, e il modo in cui essa viene presentata e strutturata non solo enfatizza ulteriormente la necessità di ricorrere a differenti prospettive al fine di carpirne pienamente la natura riflessiva ed esistenzialista, bensì il tutto va a porsi come pietra miliare all’interno del panorama videoludico, servendosi pienamente di quelle che sono le capacità del gaming in un modo che non trova precedenti all’interno del medium.
Il finale E del titolo è l’esempio assoluto di cosa vuol dire sfruttare le potenzialità del videogioco al loro estremo, delineando al tempo stesso un ulteriore quesito da porre al giocatore, che si ritrova posto nel mezzo della sottile linea di demarcazione tra solidarietà ed egotismo: una trasposizione della realtà in cui sono le nostre scelte individuali e le azioni da noi compiute a definire chi siamo, a dare uno scopo alla nostra vita.

Automata

Automata è comparabile a un sottile elemento stimolatore del pensiero umano e, al tempo stesso, a un’opera che si traduce come tangibile incarnazione della reale forma del videogioco; un titolo che, nonostante il considerevole successo commerciale e il superamento delle aspettative di vendita dello stesso publisher, sta forse percorrendo un cammino che lo porterà, ad anni dalla sua release, a divenire una piccola perla creativa malamente e ingiustamente trascurata.
Ben pochi sono i titoli che riescono a trascendere la propria natura offrendo qualcosa di più, quel qualcosa di “kojimiano”, se così vogliamo definirlo; momenti unici e difficilmente imitabili che generano un visibile lascito all’interno del meta, ed è esattamente per tali motivi che NieR è un’esperienza da vivere in prima persona, poiché esso rappresenta un punto cardine in quella che è l’integrità creativa di un’industria che sta inesorabilmente percorrendo sentieri dell’opinabile morale.
Ci troviamo di fronte non solo a un titolo dall’immenso spessore ma anche al frutto del coraggio di generare increspature all’interno del settore, reinventandosi e reinventando il concetto di videogioco così come lo conosciamo. E a tutti gli scettici, tutti coloro i quali hanno deciso di accantonarne l’acquisto, considerandolo un mero action RPG con una sexy protagonista posta in copertina, l’invito è quello di concedergli una chance, l’opportunità di farvi stupire, emozionare e soprattutto pensare; poiché in un’industria vittima del proprio ego e arida avidità, NieR Automata è forse uno dei pochi spiragli di luce verso una nuova golden age del medium, un solitario e temerario fiore bianco sbocciato nel sempre più sterile campo d’intrattenimento ludico.

Automata

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