The Last of Us Parte II

L'esclusiva PS4 di Naughty Dog più attesa di questa generazione non delude le aspettative

Pubblicato il 29 Giugno 2020 alle ore 12:00
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The Last Of Us è stato all’uscita il famoso canto del cigno di Playstation 3, una console per la gran lunga dimenticabile, ma che ha tirato fuori capolavori in grado di far discutere nel corso degli anni. Uscito nel giugno 2013, infatti, The Last of Us è stato il titolo in grado di far vedere la potenza di Playstation 3 in tutto e per tutto, dimostrando cosa poteva fare un team con grande budget e piena fiducia di Sony. Del finale di The Last of Us ne abbiamo parlato in lungo e in largo nelle scorse settimane e l’attesa per il secondo capitolo della storia di Ellie e Joel è stata spasmodica, e, quando al Playstation Experience 2016 comparì il primo trailer, il pubblico è esploso e s’è messo ad attendere con impazienza questo sequel. The Last of Us Parte II ha fatto il suo ritorno nel 2017 alla Paris Games Week e, soprattutto, all’E3 2018 dove è stato mostrato il primo incredibile gameplay. All’epoca nessuno poté credere a quello che s’è visto in quel trailer, almeno fino a quando c’è stata la possibilità di metterci mano, scoprendo le reali potenzialità del titolo Naughty Dog. Arrivati finalmente – e con molta, ma molta fatica – al 19 giugno, The Last of Us Parte II è finalmente giunto nei negozi e dopo averlo spolpato e pianto ci ha lasciato un po’ morenti dentro. Sarà valsa la pena? Parliamone insieme e vediamo se questa Parte II può essere il degno canto del cigno di Playstation 4 oppure no.

The lie

È difficile parlare di The Last of Us Parte II cercando di essere più spoiler free possibile. Iniziamo con un concetto particolare: se questo titolo si chiama Parte II, un chiaro motivo c’è. Il collegamento è prepotente e definitivo, i protagonisti infatti sono gli stessi e la storia parte dalla famosa bugia raccontata da Joel al termine del primo capitolo. I due sono cresciuti e sono passati quattro anni da quel periodo, Ellie e Joel si sono stabiliti a Jackson insieme al buon Tommy e la sua comunità, mentre la vita prosegue nella normalità, seppur sia strano parlare di normalità in un mondo con zombie e infetti vari. Non viene fatto alcun riferimento a cose accadute in passato, se non un particolare incidente avvenuto la sera prima dove Ellie e Dina, una ragazza del campo, si sono baciate attirando l’ira del vecchio barista, noto bigotto, e con Joel che ha preso le difese della ragazza attirandosi però la sua rabbia. Con queste poche informazioni il gioco parte a raccontarci la vita attuale di Ellie, con ronde e ricognizioni effettuate periodicamente intorno al campo di Jackson, onde evitare l’arrivo di orde di infetti o di predatori, facendo intuire le difficoltà che ogni giorni devono affrontare le piccole comunità.

Il primissimo trailer si è chiuso con una frase particolare della giovane Ellie: ”I’m gonna find and i’m gonna kill every last one of them”, che è un motivo ridondante dell’intera avventura. La vendetta nuda e cruda per un evento particolare – che ovviamente non possiamo spoilerare – porterà la ragazza a viaggiare e uccidere per raggiungere il suo scopo. Se nel primo capitolo abbiamo vissuto la violenza e la cattiveria di Joel, anche se con uno scopo sensato e dichiarato apertamente – portare Ellie dalle Luci per creare un vaccino – quella di Ellie è una vendetta controversa che il giocatore si ritroverà a vivere quasi passivamente, obbligato dalla scelta di non includere opzioni, ma di far vivere una storia predefinita, quasi senza essere d’accordo con le azioni che si vedranno a schermo. Più di una volta ci è capitato di prendere il pad e non voler premere un particolare tasto o voler proseguire verso una tale sezione perché inutile, perché non condividevamo la scelta di portare avanti una vendetta che sapeva enormemente di follia. L’enorme differenza rispetto al primo gioco la si avverte anche in come gli sviluppatori hanno deciso di farci vivere il passare del tempo: le stagioni e gli stacchi tra una e l’altra sono state rimpiazzati da semplici giornate atte a farci capire come il viaggio, questa volta, sia solamente psicologico e ideologico, piuttosto che dal mero punto di vista temporale. The Last of Us Parte II è la definitiva consacrazione di Neil Druckmann, scrittore che già da tempo era ritenuto tra i grandi del medium che effettua il suo deciso e imponente passo grazie a una trama che, nella sua semplicità, tende a raccontare il dualismo tra giusto e sbagliato con una tecnica padroneggiata solamente da alcune tra le più grandi menti viste negli ultimi anni. Questo gioco, infatti, vede tra le sue influenze (più o meno visibili) alcuni dei grandi capolavori degli ultimi anni (Red Dead Redemption 2) e di sempre (la saga Metal Gear Solid e la scrittura di Hideo Kojima) ed è impossibile non notare come Druckmann non solo si sia ispirato, ma abbia compiuto una propria crescita personale e aggiunto la propria impronta a un titolo che è destinato a rimanere un caposaldo non solo in questa – ormai morente – generazione, ma anche nell’intero medium videoludico. È difficile cercare di spiegarlo senza entrare nei dettagli, perché questa è una storia da vivere e fidatevi di uno che si è preso in faccia i leak degli scorsi mesi: solo sapere qualcosa non vuol dire che la storia sia rovinata ma, anzi, viverla conoscendo alcuni dei colpi di scena non rende meno amaro il boccone da ingoiare. Siamo arrivati ai titoli di coda in circa 27 ore e il colpo emotivo è stato altissimo, un vero e proprio cazzotto in bocca dal quale è difficile tirarsi su e che fa riflettere anche sul mondo che viviamo tutti i giorni, per quanto la scrittura sia efficace e le tematiche importanti. Sembrano parole ridondanti e sensazionalistiche, ma vi possiamo assicurare che è la pura verità: The Last of Us Parte II è un pugno nello stomaco di quelli potenti dai quali è difficile rialzarsi pur trattandosi di un semplice videogioco.

Dualismo

Nel corso degli anni Naughty Dog è cresciuta e Parte II è probabilmente il lavoro che dimostra tutta la maturità raggiunta dallo studio dopo il suo percorso personale. Se il primo The Last of Us tendeva alla ripetitività tipica degli Uncharted (prima del quarto capitolo), con grandi sezioni di gameplay inframezzate da filmati più o meno lunghi, questo invece riesce a mischiare sapientemente i due aspetti, creando un prodotto del tutto omogeneo. Attenzione particolare a un concetto: The Last of Us Parte II non è come il primo, è un gioco immenso e pieno di cose da fare seppur non al livello di open world del calibro di Death Stranding e Red Dead Redemption. Esplorare un palazzo che non fa parte del proprio percorso vuol dire spesso trovare risorse, munizioni o – più semplicemente – una delle mille storie inserite da Druckmann e soci, per rendere vero e crudo un mondo che già di per sé non è il paese delle meraviglie. Documenti lasciati da persone alla ricerca di un punto sicuro dalle Iene o dai Lupi che alla fine sono dovute soccombere, reperti situati temporalmente prima della pandemia del 2013 e molto altro sono alcuni dei collezionabili presenti esplorando gli enormi ambienti di gioco che ha messo a disposizione Naughty Dog. Ambienti che, rispetto al passato, tendono molto più alla verticalità e introducono variabili interessanti come le arrampicate tramite la corda, l’esplorazione più approfondita di alcuni ambienti e tocchi di classe che solo veri fanatici possono pensare. Un esempio? Beh, a Seattle durante l’esplorazione di un palazzo siamo entrati da una porta con delle piccole campanelle nascoste che hanno suonato al nostro passaggio; sembrava una cosa messa lì a caso, invece, una volta arrivati a un banco di lavoro per modificare un’arma, siamo stati attaccati alle spalle dai membri del WLF (Washington Liberation Front) che si erano appostati una volta sentito il segnale audio. Questo è solo un piccolo esempio di come gli ambienti siano stati studiati alla perfezione e siano uno dei punti focali dell’intera produzione.

Abbiamo parlato di profondità di ambienti e di cosa è variato da quel punto di vista, ma la vera rivoluzione è stato il gameplay. Le basi sono le stesse del primo capitolo, con Ellie che vaga per le strade alla ricerca del suo obiettivo dovendo attraversare mille e più imprevisti. Sembra quasi banale, una ripetizione del primo, ma attraverso gli ambienti è possibile riscoprire una tipologia di gioco impegnativo (sopratutto ad alti livelli) con i nemici che faranno di tutto per stanare la preda e massacrarla. Questo perché, appunto, ambientazione più grande uguale nemici più numerosi e nuovi espedienti per rendere più intensa la sfida. Parlando di infetti abbiamo nuove varietà tra cui spiccano gli Shambler (uno step tra i clicker e i bloater che spruzzano acido corrosivo) e gli Stalker, veri e propri mattatori di The Last of Us Parte II. Questi riflettono un po’ le migliorie effettuate per gli umani – di cui parleremo tra poco – seppur mantenendo quell’aggressività da infetto già vista in precedenza; gli Stalker si nascondono e tendono a prendere di sorpresa Ellie accerchiandola e attaccandola da dietro, costringendo spesso alla fuga per ripararsi dietro a un muro ed elaborare un piano di battaglia.
Abbiamo parlato di Lupi e Iene precedentemente, infatti queste sono le due fazioni che andremo ad incontrare nel corso della nostra avventura. I primi sono i membri del WLF (che si avvicina molto alla parola Wolf che vuol dire Lupo), un corpo che comanda Seattle composto da uomini altamente specializzati – un po’ come le Luci nel precedente capitolo – che daranno molto filo da torcere a Ellie e i suoi compagni. Da buoni militari, infatti, tenderanno ad attuare tattiche impegnative e capiterà spesso di vederne uno fare da esca, mentre gli altri ci aggireranno per colpire alle spalle e attuare la tattica a tenaglia che ci ha tanto messo in difficoltà durante la nostra partita. Un’introduzione – un po’ cattiva a dire la verità – degli sviluppatori è la presenza dei cani che accompagneranno i membri del WLF. Quando ci sarà un cane in giro, l’unico modo per proseguire è o muoversi talmente veloce da non far sentire la nostra impronta odorifera o iniziare a colpire il nemico proprio uccidendoli. Questo perché, quando inizieranno a cercarci, sarà pressoché impossibile scappare ed evitare di essere rintracciati facendo così fallire tante missioni stealth cercando di evitare l’utilizzo di proiettili e il rumore. Parte della cattiveria di The Last of Us Parte II la si vede proprio in questo, uccidere i cani spesso sarà necessario anche se non lo si vuole fare, perché altrimenti il rischio di fallimento è alto ma la nostra morale avrà molto da ridire, specialmente se abbiamo in casa animali domestici e ci siamo molto affezionati.
Ancora più pericolosi, però, i Serafiti (o Iene) che sono la famosa setta che si è tanto vista nei trailer e nel primo gameplay del 2018. Se i Lupi agiscono militarmente, urlando e non preoccupandosi di essere nascosti alla vista, le Iene invece sono furbe e tendono ad abbassarsi e camminare in maniera da non essere riconoscibili neanche con la modalità ascolto. L’unico modo in cui riusciremo a individuare la loro posizione sarà utilizzare delle ottime cuffie (assolutamente stra consigliato giocare con l’audio in cuffia) e capire i movimenti delle foglie. Altro piccolo particolare è la tipologia di comunicazione che intercorre tra loro: spesso infatti si chiamano con dei fischi per controllare che sia tutto a posto e se qualcuno dovesse mancare il fischio di risposta (perché lo abbiamo prontamente freddato) partiranno tutti alla ricerca in maniera silenziosa dell’autore dell’uccisione. Il lavoro fatto da Naughty Dog da questo punto di vista è al di là di ogni immaginazione, i nemici sono sempre più vivi e reali, non solo carne da macello da uccidere per proseguire con la nostra violenta e inadeguata vendetta.

Ovviamente il lavoro effettuato dal team di sviluppo si riflette anche sulla sola Ellie che, ora, può compiere più azioni rispetto a quanto visto in passato. La verticalità imposta dal level design si riflette pure sulle capacità della giovane che ora può tranquillamente saltare e scalare corde per raggiungere i posti più elevati. Le possibilità, però, non si chiudono qua, visto che sarà possibile sfruttare l’altezza per degli attacchi dall’alto – non temete, fanno molto rumore e non sono facilmente raggirabili – per sorprendere inizialmente i numerosi nemici che saranno presenti nei grossi ambienti. Contestualmente Naughty Dog ha deciso di aggiungere anche ulteriori possibilità prima non utilizzabili da Joel, come il poter strisciare per terra e sparare da quella posizione, utile per aumentare il potenziale offensivo della ragazza con tutte le armi a sua disposizione. La strisciata è infatti uno dei movimenti più utilizzati durante le fasi stealth, in quanto permette a Ellie di andare sotto camion o mimetizzarsi con l’erba e sfruttare l’arco o la pistola con il silenziatore (sì, finalmente è stata introdotta) per massacrare i nemici inermi e confondere ancora di più le acque. L’idea fenomenale di Naughty Dog (tra le tante avute con questo gioco) è quella di creare un titolo accessibile a tutti, anche a livello di difficoltà. Oltre a tutte quelle selezionabili è possibile creare la propria personalizzata con una serie di impostazioni variabili: volete i combattimenti difficili ma raccogliere più risorse? Basta diminuire la difficoltà apposita. Semplice, chiaro e coinciso. Il grande lavoro fatto sull’intelligenza artificiale, infatti, rende tutto questo possibile aprendo quindi a tantissime combinazioni per aiutare tutti i tipi di giocatori nel trovare il proprio stile preferito.

Futuro

Uno degli aspetti più impressionanti di questo The Last Of Us Parte II è quello che meno ci aspettavamo sapendo di avere a che fare con una console come Playstation 4: quello tecnico. Parlando chiaramente, già il fatto che l’intelligenza artificiale sia così evoluta è una vittoria di quelle che vanno festeggiate con il vino buono, ma non è solamente questo a colpire durante le oltre 25 ore necessarie per arrivare a conclusione dell’avventura. L’Engine prodotto da Naughty Dog compie passi da gigante rispetto a quanto visto in passato e sfrutta ogni minima risorsa disponibile per costruire un mondo che, a oggi, sembra incredibile. Incredibile come possa esistere una qualità chiaramente da next gen su una console così poco performante rispetto a quella che sarà PS5 e incredibile come il tutto avvenga a schermo senza il minimo tentennamento. Solitamente è facile rompere un gioco: basta lanciare una molotov, creare degli effetti grafici e i frame calano che è un piacere: ebbene, sappiate che questo non succede con The Last of Us Parte II. Il lavoro effettuato dal team di sviluppo è così al di sopra di ogni aspettativa tanto da perdonare qualche piccola sbavatura come un aliasing non perfettissimo e qualche texture che ogni tanto si perde.

Graficamente assistiamo a un capolavoro che solo The Last of Us ai tempi su PS3 (stranamente si parla sempre di Naughty Dog), merito di un lavoro straordinario effettuato sui modelli che sembrano attori in carne ed ossa e del sistema di illuminazione che ricorda tanto il famoso ray tracing di cui tanto si discute per la prossima generazione. Il lavoro sui modelli è coronato, poi, da un sistema dinamico di espressioni facciali che – tolte le cutscene – genera automaticamente un’espressione facciale andando a lavorare sui singoli elementi del viso. Una totale follia a livello tecnico che è diventata realtà sotto i nostri occhi in maniera incredibile. Se la remaster di The Last of Us ha mostrato cosa realmente potesse essere il gioco su Playstation 4, non osiamo immaginare cosa possa essere il porting su Playstation 5 di questo secondo capitolo e, onestamente, non vediamo anche l’ora di vederlo per rimanere ancora più estasiati dal grandissimo lavoro tecnico che è stato portato a casa.

Ultimo lato che andremo ad esaltare è quello sonoroGustavo Santaolalla ha nuovamente portato a casa una produzione di altissimo livello, con brani che si incastrano alla perfezione con la situazione che stiamo vivendo a schermo. L’incredibile arriva, però, quando la chitarra – vero personaggio non protagonista – viene tirata in ballo ed è proprio Ellie a deliziarci con le sue strimpellate. Ci sono dei momenti nel gioco in cui si rimane totalmente rapiti dalle canzoni eseguite dalla giovane e alcune di queste rimarranno per anni nell’immaginario collettivo dei videogiocatori. Non vogliamo rovinare la sorpresa, per cui non vi diremo quali, ma ci sono stati dei brani in grado di emozionare il sottoscritto, tanto da far scendere delle timide lacrime, cosa che in un videogioco non è mai accaduta in più di 20 anni. Naughty Dog non si è lasciata scappare l’occasione di mano e ha inserito l’opportunità di permettere ai giocatori di suonare questo strumento utilizzando la levetta analogica per scegliere la nota e il touchpad per suonarla. Ovviamente ci si poteva accontentare di animare Ellie che strimpella note a caso e far venire fuori il suono giusto? Ovviamente no. La ragazza quindi muoverà la mano in maniera perfetta, andando a pizzicare le corde che noi indichiamo con il touchpad in una sequela di animazioni fuori da ogni senso logico. Naughty Dog ha fatto un lavorone e non smetteremo mai di ripeterlo.

Il gioco della generazione

Partiamo subito da un concetto. Il voto che vedrete a fine pagina non è totalmente spiegato da queste parole. Avremmo voluto dirvi molto di più sulla qualità della trama o di come il gameplay sia riuscito a rapirci e sia stato talmente ben realizzato che ancora ora – dopo 60/70 ore tra giocato e visto da streamers vari – capita di vedere nuove animazioni o modi di affrontare una sezione. L’intera parte vista all’E3 del 2018, quella che tutti han dato per scriptato, è affrontabile in mille modi diversi e tutti ugualmente efficaci e non abbiamo mai – e ripetiamo mai – affrontato la stessa sezione con i nemici in grado di comportarsi nella stessa maniera. Mai la stessa routine, mai gli stessi movimenti e mai le stesse reazioni alle nostre azioni. Avremmo voluto utilizzare altre 2000 parole per spiegare tutto questo, per mostrare di come The Last of Us Parte II sia il canto del cigno perfetto per dire addio a una generazione che ci ha dato tanto a livello tecnico e – soprattutto – sentimentale. Il titolo del paragrafo finale dovrebbe far capire come questo gioco sia non solo il gioco dell’anno ma – probabilmente – dell’intera generazione e arrivando a voler esagerare anche di sempre. The Last of Us Parte II è uno di quei titoli che merita quel numero, merita tutte le belle parole spese e le dimostrazioni di affetto, nonostante tutto ciò che è successo in passato, la notizia che il gioco abbia venduto più di 4 milioni di copie al lancio è un glorioso dito medio ai leak, a chi si è fermato a metà per giudicarlo o di chi si è fatto influenzare dalle semplice dicerie. Ha ovviamente i suoi difetti – seppur siano veramente pochi – e non è totalmente perfetto, ma nel suo complesso è una di quelle poche esperienze che ogni giocatore dovrebbe fare per capire cosa davvero significa questo mondo – quello videoludico – dove si fa sempre troppo sensazionalismo e poi ci si scorda velocemente di un prodotto per passare a quello successivo.

Good

Narrativamente perfetto
Grafica livello next gen
Intelligenza artificiale elaboratissima
Ambientazioni curate alla perfezione
Animazioni fuori da ogni grazia divina

Bad

Finisce
10
TRIBE MASTERPIECE

Sviluppatore: Naughty Dog
Distributore: Sony Interactive Entertainment
Data di uscita: 19 giugno 2020
Genere: Avventura dinamica, Survival
PEGI: 18
Piattaforme: Playstation 4

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