Master Detective Archives: RAIN CODE

Due team geniali si uniscono in una meravigliosa avventura su Nintendo Switch

Pubblicato il 19 Luglio 2023 alle ore 12:39
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Fondato nel 2017, Too Kyo Games è un team di sviluppo relativamente nuovo. Quello che tanti non sanno è che questo rappresenta una sorta di dream team per i fan delle visual novel, come il sottoscritto. Fondata da Kazutaka Kodaka, Too Kyo Games riunisce sviluppatori e pedine fondamentali di due importantissime VN investigative che hanno rivoluzionato il genere - rivolgendosi anche al grande pubblico – e stiamo parlando di Danganronpa e Zero Escape. A far parte di TKGames, infatti, troviamo Kodaka, Masafumi Takada, Rui Komatsuzaki e Yoichirou Koizumi che hanno lavorato a Danganronpa e l’incredibile Kotaro Uchikoshi proveniente dalla serie Zero Escape. Tra i vari titoli di debutto di questo “dream team” abbiamo il già recensito [sempre dal sottoscritto, da grande fan di questi pazzi scriteriati N.d.H.] World’s End Club, Death Come True e Tribe Nine (di cui è già uscito un adattamento anime ma il cui gioco è ancora in dirittura di rifinitura).
Oltre a questi, però, ha fatto la sua entrata in scena un nuovo titolo di cui oggi vi parleremo, dopo averlo seguito praticamente passo dopo passo sin dal suo annuncio. Preparatevi ad una serie di riferimenti alle pietre miliari menzionate, ma ora bando alle ciance e partiamo con l’incredibile viaggio nel Labirinto dei Misteri che Master Detective Archives: RAIN CODE ci ha offerto.

Yuma Kokohead è un giovane che fa parte della Organizzazione Mondiale dei Detective, una delle più grandi agenzie in grado di radunare tutti i detective globali e utilizzarli per risolvere i misteri del mondo. Iniziando l’avventura troviamo il nostro protagonista in uno stanzino, senza più memoria di sé, ma in compagnia di una speciale Dea della Morte. Nasce qui la storia di Master Detective Archives: RAIN CODE: un vero e proprio gioco che prende fin da subito le sembianze di “Danganronpa versione 2.0”, con una narrazione che tiene incollato così facilmente il giocatore per oltre 30 ore da risultare disarmante. La storia ci porta a Kanai Ward, una città dove la pioggia è perenne e il controllo della Amaterasu Corporation è sempre più stretto grazie alle politiche violente dei Pacificatori, forze dell’ordine che – al contrario di quanto indicato dal loro nome – lavorano per opprimere i cittadini indifesi. Qui Yuma, e alcuni membri della OMD, su ordine del proprio leader (chiamato Numero Uno) si ritroveranno a cercare di risolvere alcuni dei più grandi misteri della città, pena la possibile distruzione del mondo. Ogni detective della OMD possiede un’abilità particolare denominato Forte, questi vanno da poteri in grado di scannerizzare l’ambiente alla ricerca di suoni a veri e proprio travestimenti con tanto di cambio voce per potersi infiltrare nelle ambientazioni nemiche e risolvere i casi più complicati. L’unico che sembra fare eccezione è Yuma: in quanto apprendista, infatti, non ha ancora avuto modo di sviluppare il proprio Forte e la compagnia di Shinigami (la Dea della Morte che lo affianca praticamente in ogni momento) è l’unico modo che ha per risolvere i misteri che si pareranno davanti a lui. Shinigami, infatti, possiede il potere di aprire le porte del Labirinto dei Misteri, utilizzare gli indizi scoperti durante le indagini (raccolti in semplici Chiavi Soluzione) per arrivare al suo cuore e, alla fine, scoprire definitivamente il colpevole per poi mietere la sua anima.

Partiamo dal concetto che RAIN CODE si avvicina enormemente all’eccelso lavoro di scrittura eseguito in Danganronpa; anche in questo titolo, infatti, questo elemento si ritrova nei canoni di Kodaka e, anche l’introduzione di una mascotte (Shinigami), è l’emblema di come non ci si voglia poi così tanti discostare da quel brand che è stata sia la fortuna sia la gabbia dorata del team di sviluppo. Rimangono gli immensi dialoghi a circondare ogni capitolo, delle inside-story per approfondire i vari personaggi sotto forma di “Chiacchere tra Detective” - da cercare all’interno delle varie mappe - con dettagli che vanno ricordati sia per la risoluzione dei casi sia per quanto riguarda alcuni piccole chicche circa le avventure più o meno famose nel nostro mondo, come citazioni ai precedenti lavori del team a livello individuale o a giochi più conosciuti come Persona 4.
I vari capitoli seguono lo stesso pattern (tranne l’ultimo, il più particolare): scoperta del caso, analisi della scena del crimine, ingresso nel Labirinto dei Misteri e l’intero processo che porta alla risoluzione e alla condanna del colpevole di turno. Ad un occhio più esperto la scrittura dei casi può risultare banale, rendendo i colpi di scena abbastanza telefonati, ma il grosso dell’esperienza arriva piuttosto con l’approfondimento e la crescita dei personaggi. Yuma è un novizio e si vede, la conoscenza e la logica che dovrebbero possedere dei detective professionisti è qualcosa che non ha fin al principio, ma il suo percorso lo porta a diventare in tutto e per tutto un membro della OMD, grazie anche all’aiuto dei comprimari e del capo dell’Agenzia Investigativa Notturna che lo accoglieranno al suo arrivo a Kanai Ward. Il grosso dell’esperienza arriva proprio in questo frangente: la scrittura del team di Too Kyo Games è fatta per partire lentamente e arrivare a un esplosivo finale pieno di colpi di scena (ripetiamo, molto telefonati ma piacevoli) tramite la costruzione di un cast ottimamente riuscito, con antagonisti che risplendono grazie alle loro personalità e peculiarità. Il punto forte dell’intera produzione è anche il rapporto tra Yuma e Shinigami, con la seconda che, grazie alla propria irriverenza e al suo carattere sempre al limite, risulta molto citazionistica nelle proprie trasformazioni e particolarità.

Questo lato della Dea della Morte trova il suo picco durante il Labirinto del Mistero, vere e proprie rappresentazioni del caso avvenuto nel capitolo di riferimento. Qui Yuma e Shinigami si trovano a fare i conti con le chiavi soluzione ricavate durante la precedente investigazione, in modo da collegare gli indizi al vero colpevole. Queste sezioni ripropongono a piè pari tutta la fase post scoperta del cadavere e successivo processo in Danganronpa, con minigiochi atti a demolire le difese psicologiche dell’omicida così da poterlo poi assicurare alla “giustizia”. Le varie fasi del Labirinto, infatti, si inseriscono in un contesto dove lo scontro con il colpevole diventa una fine diatriba tra menti e dove il più piccolo dettaglio può portare rapidamente alla soluzione. Rimangono, nel sempre verde confronto con Danganronpa, alcuni dei minigiochi classici (ovviamente rivisitati in salsa Master Detective) tra cui l’amato/odiato Hangman’s Gambit (il classico impiccato) in un cui un’ammiccante Shinigami in costume da bagno si ritrova in un barile costellato di lettere, che devono essere colpite in sequenza per formare la parola agognata. Alcuni di questi espedienti ludici sono ben riusciti, mentre altri sembrano subire molto le prestazioni di Nintendo Switch (di cui andremo a parlare tra poco) con rallentamenti o problemi di input lag fin troppo evidenti.
Rispetto ad altri titoli dello stesso genere, RAIN CODE è molto più divertente dal punto di vista ludico, con un’interazione più marcata e la volontà di rendere il giocatore pienamente partecipe e non solo una mera macchietta atta solamente a leggere i risvolti sul caso. I minigame sono vari, con alcuni capisaldi (come il Ragionamento Mortale) che si mantengono per ogni caso, mentre tanti altri variano proprio a seconda del contesto; questa particolarità rappresenta una delicata e meravigliosa novità nell’ambito, che speriamo venga mantenuta in un ipotetico sequel.
Ludicamente siamo davanti a una visual novel con elementi interattivi come, appunto, quelli visibili nel Labirinto, ma non solo: alcune sezioni vedono Yuma essere rincorso da Pacificatori o altri esseri particolari anche nel mondo normale e toccherà al giocatore evitarli grazie a QTE sapientemente piazzati.

Ora, però, l’elefante nella stanza va affrontato e anche qui – purtroppo – toccherà parlare di qualcosa che è sempre di troppo nelle recensioni dei giochi esclusivi su Nintendo Switch. L’hardware è quello che è (nel marzo 2024 sono esattamente 7 anni dall’uscita della console) e si sente nell’intera esperienza. Tecnicamente, infatti, l’ibrida di casa Nintendo non regge neanche l’Unreal Engine con cui il gioco si muove e sono stati necessari numerosi compromessi per poter far girare, quanto meno ad un framerate accettabile (tranne che per alcune situazioni), l’intera avventura, sacrificando in toto la risoluzione. Neanche in modalità dock siamo davanti a un 1080p fisso, con l’intero comparto tecnico a farne le spese e questo ci porta nuovamente a gettare le braccia arrendevolmente lungo i fianchi. Un peccato, insomma, in quanto artisticamente siamo davanti a un vero e proprio capolavoro.
Già troppe volte in questa recensione abbiamo citato Danganronpa (e lo faremo ancora un paio di volte almeno, perdonateci), ma se avete apprezzato quel piccolo gioiellino allora in Master Detective Archives: RAIN CODE vi ritroverete a casa: gli sprite dei personaggi che accompagnano i dialoghi sono realizzati splendidamente, con quel tocco che vi riporterà con la mente alla Hope’s Peak Academy e ai suoi studenti. Questa somiglianza la si nota, tantissimo, anche nella colonna sonora che presente le stesse sonorità jazz che hanno contraddistinto il lavoro di Masafumi Takada nel corso degli anni, e che restano riconoscibili anche a un orecchio poco allenato come quello di chi vi sta scrivendo. Con nostra enorme sorpresa ci siamo trovati davanti ad una localizzazione italiana ben fatta dal punto di vista scritto, unita ad un doppiaggio giapponese spettacolare… con menzione particolare anche per quello inglese di particolare qualità.

Guarda mamma, come Danganronpa

In definitiva Master Detective Archives: RAIN CODE è un gioco che i fan delle visual novel investigative potranno apprezzare particolarmente, specialmente coloro che hanno vissuto tutti i Danganronpa e gli Zero Escape, con numerose citazioni anche ad altri capolavori che hanno fatto la storia dei videogiochi di stampo giapponese. La storia è molto semplice, ma non per questo meno impattante, e lo svolgimento è ben realizzato seguendo un filone abusato ma – al contempo – ben rodato. I colpi di scena rimangono ampiamente prevedibili, ma sono comunque ben scritti da Kodaka e dal suo team. Tecnicamente siamo di fronte all’ennesima esclusiva Switch che mostra i segni del tempo della console, ma artisticamente RAIN CODE si dimostra meraviglioso e pieno di carattere, con uno stile personale ma comunque citazionistico. Stesso discorso si può fare per la colonna sonora, composta nuovamente da Masafumi Takada, il suo lavoro è sempre meraviglioso e tante volte potrebbe capitare di perdervi per Kanai Ward solo per ascoltare determinate tracce.

Una piccola nota vogliamo metterla per il numerino che vedete qui in basso: il risultato tiene conto della visione generale compresa di – gravi – problemi tecnici, che siamo sicuri verranno risolti con un nuovo lancio generazionale o il port del gioco su altre console. Nel caso doveste valutare l’acquisto senza tener conto di questi aspetti, potete tranquillamente aggiungere dal mezzo voto al punto intero in più, perché l’esperienza merita enormemente e il gioco è assolutamente un capolavoro del proprio genere, anche se funestato da queste limitazioni.

Good

Trama molto godevole
Enigmi molto carini e ben realizzati
Minigiochi sempre vari
Artisticamente un capolavoro
OST meravigliosa

Bad

Tecnicamente si sente il peso dell'età di Switch
Rimangono alcuni dei peggiori minigame di Danganronpa
8.5
PEM-PEM

Sviluppatore: Too Kyo Games
Distributore: Spike Chunsoft
Data di uscita: 30 giugno 2023
Genere: Avventura, Visual Novel
PEGI: 16+
Piattaforme: Nintendo Switch

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