Capitan Tsubasa: dal manga ai videogiochi passando per Holly e Benji

Pubblicato il 24 Agosto 2020 alle ore 12:00
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Tutti da piccoli avranno avuto a che fare con uno degli anime più importanti nella vita di noi maschietti che vivevamo di calcio e magia: Holly e Benji. Il fantastico duo era protagonista di un’opera che mischiava la fantasia del calcio con l’incredibile (non) realtà dei cartoni di stampo giapponese e l’infinità del campo da calcio, reso quello che oggi chiamiamo con insistenza meme sin da allora. Il brand ha quasi ritrovato una seconda giovinezza negli ultimi anni e questo ha portato all’arrivo questo mese di Rise of New Champions su Playstation 4 e Switch, ma cos’è davvero Captain Tsubasa? Andiamo a scoprirlo insieme.

40 anni di Tsubasa

Captain Tsubasa (Holly e Benji nell’edizione italiana) è stato ideato da Yoichi Takahashi e portato poi sulle pagine di Jump nel 1981. Il maestro Takahashi si è appassionato al calcio guardando i mondiali nel 1978 e ha deciso di provare a proporre un prodotto dedicato proprio al mondo del pallone. L’opera è iniziata come capitolo one shot da pubblicare sul Weekly Shonen Jump, ma dopo la vittoria del “premio mensile opera scelta” è stato deciso di serializzare quello che poi è divenuto in tutto e per tutto uno dei manga più iconici della nostra generazione.

Capitan Tsubasa racconta la storia di questo ragazzo – Tsubasa Ozora, da noi localizzato come Oliver Hutton – che adora il calcio e decide di voler diventare un calciatore sin da piccolo. Nel corso della costruzione del manga l’opera subisce mille variazioni. Ad esempio, inizialmente era previsto che l’esodo di Tsubasa verso il Brasile avvenisse dopo la finale del campionato delle elementari o che la Nakatsu dovesse vincere il torneo delle Medie invece di condividere il trono con la Toho di Kojiro Hyuga (Mark Lenders). Il campionato mondiale giovanile di Parigi sancisce la fine, provvisoria, di Tsubasa, che viene ripreso dal maestro nel 1993 (circa 4 anni dopo la fine), dopo aver proposto due manga sportivi su Pugilato e Baseball. Questo coincide con l’aumento della concezione calcistica in Giappone (in futuro infatti avremmo visto società del Sol Levante buttarsi a capofitto nella produzione di videogiochi calcistici) grazie alla nascita della J.League, il campionato giapponese. Quello del ’94 è il ritorno di Capitan Tsubasa con la serie dedicata al World Youth, il mondiale under-20, nel quale si univano più sottotrame: Tsubasa e il suo successo in Brasile e l’effetto sui suoi compagni/rivali decisi a rimanere in Giappone. Durante il World Youth vengono introdotti nuovi personaggi che diventeranno quasi colonne dell’opera: il portiere messicano Espadas, il portiere italiano Gino Hernandez e i giocatori giapponesi Shingo Aoi e Akai provenienti proprio dal nostro Paese. Capitan Tsubasa World Youth, però, ebbe vari problemi e a causa di vari attriti tra Takahashi e l’editore fu praticamente affrettato il finale con il taglio completo delle semifinali e la riduzione a un volume e mezzo della partita più importante tra Brasile e Giappone.

Tsubasa e compagni tornano poi in concomitanza con i mondiali di Giappone e Corea del Sud del 2002 con una nuova serie intitolata proprio “Road to 2002”. Qui i giocatori ormai sono cresciuti e questo sancisce un cambiamento totale del target passato da Shonen a Seinen. Questo ovviamente porta a il maestro a variare sia la narrazione che lo stile, diventato molto più realistico e meno incentrato sul singolo giocatore. Se infatti fino al World Youth il manga si è sempre rivelato essere un “palla a Tsubasa e ci pensa lui”, in Road to 2002 il gioco di squadra diventa il fulcro e questo è stato molto apprezzato dal pubblico, ormai cresciuto, dell’originale Capitan Tsubasa. Dopo Road To 2002, la serie infinita continua con “Golden 23”, che si concentra sulla preparazione e la fase asiatica di qualificazione alle Olimpiadi, una delle grandi mete per un calciatore. Durata 3 anni, Golden 23 ha visto all’interno del suo arco narrativo anche due piccole miniserie dedicate principalmente a Shingo Aoi e Koijiro Hyuga alla conquista dell’Italia e a Tsubasa che diventa un’icona del calcio spagnolo con una partita leggendaria tra il suo Barcellona e il Real Madrid.

Nel 2013 inizia l’arco che attualmente ci portiamo ancora dietro con Capitan Tsubasa Rising Sun, con i giocatori provenienti dalla generazione d’oro all’ardua sfida delle Olimpiadi. L’opera del maestro Takahashi debutta sul Grand Jump, rivista bimestrale edita da Shueisha, ed è ancora in corso nel momento della redazione di questo paragrafo con la partita tra Giappone e Germania e l’ennesima sfida tra la squadra di Tsubasa e quella del Kaiser Karl Heinz Schneider.

Videogiochi sfortunati

Videoludicamente Capitan Tsubasa non è mai stato tanto fortunato da avere un titolo di riferimento. Nel corso della sua storia, infatti, ben 19 titoli han provato a far immedesimare il giocatore in Tsubasa e compagni, ma riuscendoci per molti casi con scarsissimi risultati. Il primo risale al 1988, quando Tecmo provò a trasporre sullo schermo del NES la magia di Capitan Tsubasa cercando di far rivivere ai giocatori l’intera storia senza però riuscire a far breccia nei cuori degli appassionati. In Occidente il titolo arrivò tagliato in maniera ridicola circa 4 anni dopo, fallendo clamorosamente, mentre in patria furono prodotti alcuni sequel su NES e SNES e svariati spin-off su Game Boy.

Nel 1995 arrivò su PS1 uno dei titoli più apprezzati: Captain Tsubasa J: Get in the Tomorrow. La console targata Sony ha dato modo agli sviluppatori di produrre un titolo estremamente vario e divertente, contraddistinto dai super tiri o le super parate viste tra anime e manga e allo stesso raccontare in modo sensato l’intera storia mostrata dal maestro Takahashi. La trama partiva infatti dalla storica finale tra Giappone e Germania di Schneider, per poi sfociare nel debutto di Shingo Aoi nel nostro Paese e nella storia che andrà poi a concentrasi sul World Youth. Nello stesso anno Bandai lanciò su Game Boy e SNES due versioni leggermente rimaneggiate in base all’hardware di Get in the Torromow cercando di spopolare e cancellare i titoli targati Tecmo degli anni precedenti.

Prima di tornare a giocare un titolo su Tsubasa i fan dovettero attendere il 2002, quando Konami lanciò ben due titoli da elementi estremamente tattici su GBA e PS1. Eikou no Kiseki e Aratanaru Densetsu Joshou furono apprezzati dai fan, ma molto controversi in quanto l’elemento tattico costringeva i giocatori a stare attaccati allo schermo per molto tempo andando quasi a distruggere l’elemento dinamico che ha sempre contraddistinto l’intera saga. Konami ci ha poi riprovato nel corso dell’anno con Ougon Sedai no Chousen, un titolo uscito su GameCube che definire dimenticabile è forse poco. A segnare, in tutti i sensi, il suo ritorno nelle scene è ancora una volta Bandai, che si è rivelata essere la miglior compagnia a cui affidare un titolo su licenza che con il semplicissimo Captain Tsubasa rivoluzionò il gameplay, prendendo spunto da Dragon Ball Z: Budokai 3 e affidandosi ai QTE per risolvere situazioni particolarmente spinose e ricreare le stesse situazioni viste nella serie. Il successo deriva non solo dal gameplay fresco ed energico fedele all’originale, ma anche alla resa grafica che all’epoca fu giudicata una delle cose migliori mai create.

Negli anni successivi, però, la serie Capitan Tsubasa è praticamente sparita dagli schermi dei videogiocatori (togliendo la parentesi di New Kick Off su Nintendo DS, molto apprezzato ma non perfetto a causa della scomodità della console) fino all’arrivo di KLab che ha deciso di buttarsi sul mercato dei gatcha con Captain Tsubasa: Dream Team, titolo che nel 2017 arrivò anche nel nostro Paese su dispositivi mobile in modalità f2p e che ha subito riscontrato un enorme successo tra il pubblico che negli ultimi anni ha fatto incetta di questa tipologia di giochi. Ispirata dalla nuova serie animata, fu prodotto lo scorso anno, invece, Captain Tsubasa ZERO – Kimero! Miracle Shot, gioco che va a ricordare molto il modello f2p già presentato in Dream Team, ma ancora più automatizzato.

In arrivo sui nostri schermi, invece, è Rise of New Champions, annunciato lo scorso 21 gennaio tramite un trailer. Il gioco ha catturato immediatamente l’attenzione degli appassionati grazie alla grafica in cell shading e agli effetti visivi possibili grazie alle nuove tecnologie. In arrivo su Playstation 4, Switch e PC, Rise of New Champions promette di essere il titolo definitivo sulla serie: infatti nelle ultime settimane siamo stati letteralmente bombardati da Bandai Namco con trailer di presentazione delle varie squadre con i giocatori più iconici rappresentati alla perfezione. Se, come noi, non vedete l’ora di affrontare nuovamente il Brasile di Santana e Natureza o la Germania di Karl Heinz Schneider restate collegati sulle pagine di Tribe Games, in quanto potrebbero esserci curiose novità.

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