Alone in the Dark

Ritorno a Derceto Manor

Pubblicato il 11 Aprile 2024 alle ore 18:48
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Alone in the Dark è un titolo che ha bisogno di ben poche presentazioni, uscito nella sua versione originale nel 1992, viene oggi riproposto da Pieces Interactive in collaborazione con THQ Nordic in una chiave decisamente più moderna, ma con ancora lo stesso originale proposito. Il gioco non è infatti proprio una trasposizione uno ad uno della storia raccontata nella versione degli anni Novanta, ma mantiene un sacco [ci viene da dire una buona maggioranza N.d.R.] dei dettagli e degli elementi originali. Questo, secondo le nostre aspettative, dovrebbe garantire al titolo delle solide basi su cui costruire la propria identità, ma per scoprire se con questo erede spirituale è stato fatto centro, non vi resta che armarvi a dovere e seguirci ancora una volta tra i corridoi e le stanze di Derceto per cercare di risolvere il mistero nascosto tra quelle consunte pareti.

Alone in the Dark

Sulle tracce di Jeremy Hartwood

Il detective Edward Carnby viene assunto da Emily Hartwood per indagare sulla scomparsa dello zio Jeremy Hartwood, un artista da tempo ritirato nella villa/casa di cura di Derceto. La donna è intenzionata, infatti, a fare chiarezza su quanto successo allo zio, ma dato che non si sente di affrontare la situazione da sola convince il detective Carnby ad accompagnarla e farle da supporto. Le cose però saranno alquanto strane ed inaspettate fin dal primo momento in cui i due giungeranno davanti all’entrata della magione e, poco dopo, avranno il loro primo contatto con i residenti. Come prima cosa il giocatore sarà messo di fronte ad una scelta, ovvero se vestire i panni di Edward o quelli di Emily. Questo ci porterà a vivere l’intera avventura con il personaggio selezionato, ma non ci precluderà praticamente nulla, né cambierà in modo radicale l’esperienza. Le due campagne infatti hanno delle piccole differenze, per lo più dialoghi e incontri diversi, ma corrispondono per quanto riguarda gli eventi più macroscopici, motivo per cui vi consigliamo di scegliere semplicemente il protagonista che più vi aggrada.

Una volta dato il via alla nostra esplorazione della villa, inizieranno anche le stranezze e gli eventi inspiegabili. Alone in the Dark è un titolo con una chiara e forte influenza lovecraftiana, e come tale affonda le sue radici in un racconto dell’orrore più classicheggiante e meno improntato sullo spavento fine a se stesso. La sensazione è quella di essere continuamente ad un passo dall’assistere a qualcosa di completamente fuori dalla nostra cognizione e di essere sempre vicinissimi a scontrarci con forze cosmiche sconosciute e gargantuesche. Questa sensazione viene acuita grazie all’uso della colonna sonora, ma anche e soprattutto della casa stessa. Derceto è infatti un groviglio di corridoi e stanze e, a causa degli eventi paranormali ormai onnipresenti, ogni porta che apriremo od oggetto che raccoglieremo potrà scaraventarci in un incubo vero e proprio ad occhi aperti. Se questo non fosse poi ancora sufficiente, il doppiaggio dei personaggi (in lingua inglese) è estremamente convincente e contribuisce assieme a tutto il resto all’immersione in questa già notevole storia. Il tutto grazie all'interpretazione dei due personaggi interpretati da Jodie Corner (Emily Hartwood) e David Harbour (Edward Carnby).

Alone in the Dark

Mondo reale o onirico?

Una cosa che vi apparirà subito chiara fin dai primi minuti di gioco, è che Alone in the Dark può idealmente essere separato in due grandi sezioni di gioco, le quali col tempo verranno sempre più amalgamate e intersecate in modo da renderle fluide, ma pur sempre riconoscibili. La prima riguarda l’esplorazione di Derceto, ovvero il nostro girovagare per le stanze, dialogare con gli ospiti e risolvere enigmi. Questa sezione esplorativa sarà infatti una sorta di momento tranquillo durante il quale non faremo incontri sgradevoli e ci limiteremo ad esplorare, raccogliere oggetti e risolvere enigmi. Ma attenzione, perché il gioco non mancherà di strapparci da questi luoghi sicuri per buttarci nel bel mezzo del pericolo in ogni momento.

In questa prima fase, se avrete scelto di giocare con la modalità moderna, disporrete inoltre della mappa di Derceto realizzata in perfetto stile Resident Evil. Ogni stanza sarà infatti colorata in modo diverso per tenere traccia se la avete già esplorata, e se avete già completato tutto quello che c’era da fare. Oltre a ciò, la mappa mette in evidenza puzzle e porte segnalandovi anche quando sarete in grado di risolvere un enigma o di aprire una determinata porta, rendendoci la vita molto più facile.

La seconda fase del gameplay di cui vogliamo parlarvi è invece quella più action ed orientata allo shooting. A volerla dire tutta, anche in questo caso la risoluzione degli enigmi e l’esplorazione saranno elementi importanti, ma con la sostanziale differenza che non saremo al sicuro all’interno della villa [e non disporremo nemmeno della mappa consultabile in questi momenti N.d.R.] ed avremo a che fare con gli incubi e le visioni del caro vecchio Jeremy Hartwood. Seguire le sue tracce non sarà infatti facile e spesso ci sarà richiesto di indagare sul passato e sulle azioni dell’uomo scomparso, oltre che sulle sue motivazioni. Sarà proprio quando ci avvicineremo a lui e alla sua folle storia che ci ritroveremo a dover fronteggiare i pericoli più grandi, ma anche le parti di gameplay meno ispirate.

Senza girarci troppo in torno, Alone in the Dark fa un lavoro superbo nel creare la giusta atmosfera e raccontarci una storia appassionante e ricca di mistero, ma purtroppo quando si tratta di combattere porge inevitabilmente il fianco. Partiamo con il dire che non abbiamo per le mani un survival horror duro e puro; quindi, le meccaniche action e sparatutto non rivestono affatto un ruolo centrale nel gioco. La scelta di mettere poche munizioni, e limitare il quantitativo di quelle che possiamo trasportare per ogni arma, ha però lo scopo di tenerci sul chi vive e ci porta a fare economia sulle pallottole per non ritrovarsi senza nel momento del bisogno. Fin qui tutto normale, ma le problematiche si avvertono quando si valuta il feeling che restituisce lo shooting. Le armi non  riescono infatti a trasmettere in modo chiaro ed inequivocabile quanto danno stanno infliggendo e, salvo poche animazioni, i nemici non reagiscono sempre al peso di un colpo subito in modo convincente, contribuendo a restituire un feedback con poca fisicità e dinamica. Questo è ulteriormente un problema a causa della natura spesso claustrofobica delle mappe e della facilità con cui il nostro alter ego potrà rimanere bloccato dagli elementi dello scenario. In questi momenti sarà facilissimo che uno o più nemici possano bloccarci con le spalle al muro e massacrarci senza troppi complimenti.
A rendere le cose ancora più complicate, il tempo di ricarica delle singole armi è anche decisamente alto, e l’animazione tende a rallentare notevolmente i nostri movimenti, rendendo il verificarsi della situazione sopra descritta tutt’altro che rara. A voler essere sinceri, queste problematiche sono a tratti anche un qualcosa che rende maggiormente tesa l’esplorazione, un po’ come accadeva con i comandi tank dei vecchi Resident Evil, ma resta comunque un difetto che, sebbene non vada ad inficiare particolarmente la giocabilità, resta comunque abbastanza fastidioso in alcuni frangenti.

Un omaggio ai clienti

Per concludere non ci resta che parlare dei collezionabili nascosti in giro per il gioco, ovvero i lagniappe. Questa parola rappresenta un omaggio che alcuni piccoli negozi facevano ai loro clienti, e in questo caso fa riferimento ad alcuni gruppi di oggetti che possono essere raccolti nella nostra esplorazione. Ogni gruppo è fatto da tre oggetti diversi e per ogni gruppo completo il gioco ci offrirà delle informazioni in più sulla vicenda e sulla storia del luogo o dei personaggi. Questi oggetti però, dovete sapere, sono comuni al vostro salvataggio, motivo per cui non sono esclusivi di una singola partita o campagna. Il gioco sarà infatti molto chiaro nel tutorial: se vorrete completare tutti i set e raccogliere tutti i lagniappe sparsi in giro, sarà necessario completare la storia con entrambi i personaggi. La buona notizia è che se avete già raccolto un lagniappe con un personaggio, questo non comparirà più nelle partite successive, rendendo di fatto ritrovabili e visibili solamente quegli oggetti ancora non trovati da nessuno dei due protagonisti. Questa trovata potrebbe sembrare un modo facile per spronare il giocatore a sperimentare entrambe le campagne, ed in effetti lo è, ma a prescindere da ciò il nostro consiglio è quello di giocarsi ugualmente la storia seguendo i due punti di vista, anche solo per vederne le differenze e i diversi approcci che i due dimostrano lungo il dipanarsi della vicenda.

Alone in the Dark

Grandi Antichi ed Orrori Cosmici

Ed eccoci finalmente al momento di tirare le somme su questo Alone in the Dark moderno. Come avrete compreso leggendo le nostre parole fino a qui, la nostra opinione su questo titolo non può che essere molto positiva. I richiami al mondo di Lovecraft e ai suoi scritti sono forti e onnipresenti, e gli autori hanno disseminato i testi sparsi in giro per Derceto di riferimenti e piccoli indizi che non mancheranno di far comprendere ai più attenti il contesto con cui avremo a che fare. Oltre a ciò, il ritmo dell’esplorazione, della narrazione e gli intermezzi più action sono ben dosati e permettono di tenere alta sia l’attenzione che la curiosità nei confronti della vicenda. I dialoghi sono ben fatti e, anche se non sempre perfetti, riescono a fare centro grazie ad un doppiaggio più che dignitoso. Come detto, l’unico reale neo su questa produzione resta quello della componente shooting, che però, non essendo un elemento portante, non va a pesare troppo sulla valutazione finale.
Per alcuni questa riproposizione moderna potrebbe non essere quello che ci si aspettava, ed in effetti questo Alone in the Dark, come già specificato, ha ben poco del survival horror. Detto ciò, e a nostro modo di vedere le cose, questo rispecchia in modo molto più fedele le atmosfere delle opere di Lovecraft, racconti dove raramente si ha a che fare con i “mostri” in prima persona, ma più spesso ci si misura con lo sconosciuto e l’ignoto, giocando più che sulla volontà di spaventare, su quella di inquietare e trasmettere un senso di impotenza quando posti di fronte all’infinitamente grande ed ignoto. Per questa ragione riteniamo che valutare questa nuova opera come un survival horror alla Resident Evil sia un grosso errore, e vada quindi evitato per non appiattire la percezione che si potrebbe avere del gioco. Alone in the Dark è un'ottima avventura grafica con un'atmosfera cupa il giusto, ma che non vuole esagerare e sfociare nell'horror puro, cercando di offrire piuttosto un buon mistero da scoprire ai suoi giocatori, un'esperienza al cardiopalma.

Good

Atmosfera molto ben riuscita
Riferimenti alle opere di Lovecraft disseminati un po' ovunque
Storia ben costruita e discretamente narrata

Bad

La componente di shooting lascia un po' a desiderare
Se cercate un survival horror nudo e crudo, questo non è proprio il gioco che fa per voi
8
PEM-PEM

Sviluppatore: Pieces Interactive
Distributore: THQ Nordic
Data di uscita: 20 marzo 2024
Genere: Horror psicologico
PEGI: 18+
Piattaforme: PC, Playstation 5, Xbox Series X|S

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